La riproposta del ministero diaconale nella Chiesa cattolica

Cosimo Bruni


Collana: Tesi CSSR
Numero: 312

Tesi

Istituzione: FBK - ISR Corso Superiore di Scienze Religiose
(Facoltà Teologica del Triveneto)
Tipologia: Tesi di Laurea in Scienze Religiose
Anno Accademico: 2012 - 2013
Relatore: prof. Giampaolo Tomasi
Collocazione: i-14 020 0312
Consultazione: non autorizzata
Pagine: 24

Abstract

“La riproposta del ministero diaconale nella Chiesa Cattolica”, è questa la tematica che mi accingo ad affrontare nel presente lavoro di tesi. L’elaborato strutturato in due capitoli, ripercorre per grandi linee, secondo un metodo genetico-storico, la storia del ministero diaconale, dall’istituzione apostolica dei primi “Sette” fino ai giorni nostri.
Nel primo capitolo, partendo dalla descrizione dell’evento e del particolare cerimoniale di istituzione dei primi sette diaconi, raccontata nel capitolo 6 degli Atti degli apostoli, illustro poi le motivazioni che hanno spinto la comunità delle origini a costituirli, per poi fare un cenno al primo profilo diaconale che viene delineato, con particolare specificità, nella prima lettera di San Paolo a Timoteo, nella quale Paolo indica le qualità e le virtù che i diaconi devono possedere per compiere degnamente il loro ministero.
Il secondo paragrafo si sofferma brevemente sulle figure di Stefano e Filippo, due dei primi sette diaconi, dei quali si hanno notizie certe sulla loro storia e missione diaconale. Successivamente, l’ultimo paragrafo analizza i lineamenti più significativi dell’evoluzione del ministero diaconale, ripercorrendo i tre periodi in cui possiamo suddividere la sua storia, caratterizzati da momenti di splendore e momenti di decadenza.
Il secondo capitolo è dedicato all’esamina dei documenti conciliari e post-conciliari, che hanno permesso alla Chiesa di riscoprire il ministero diaconale esercitato in permanenza. Nel primo paragrafo prendo in considerazione, in prima istanza, la costituzione dogmatica «Lumen gentium», che dedica al “diaconato” e al suo servizio il paragrafo 29, poi mi soffermo brevemente sui contenuti del Decreto sull’attività missionaria della chiesa «Ad gentes» e sulle lettere apostoliche, «Sacrum diaconatus ordinem» e «Ad pascendum» di Paolo VI, che impartiscono norme per il ristabilimento del diaconato permanente, e infine faccio un breve riferimento al canone 236 del Codice di Diritto Canonico che integra gli elementi essenziali delle due lettere apostoliche citate.
Nel terzo ed ultimo paragrafo, del capitolo secondo, descrivo la nuova figura del diacono, alla luce di quanto il concilio Vaticano II ha permesso di riscoprire di questo ministero interrotto; esamino le motivazioni che hanno indotto i padri conciliari a riconsiderarlo, restituendogli la sua originaria collocazione quale grado del ministero ordinato; mi soffermo da ultimo sui contenuti del servizio diaconale esercitato nei tre ambiti della parola, della liturgia e della carità.
L’obiettivo del presente lavoro, in definitiva, è quello di riscoprire quanto del diaconato permanente è stato ripristinato con il Concilio Vaticano II, che ha riportato alla ribalta un ministero che nei secoli precedenti era stato estromesso dal ministero dell’ordine, nonché l’evoluzione avuta fino ai giorni nostri. Principio fondamentale sul quale si fonda l’ecclesiologia conciliare è la sacramentalità, e l’affermazione riferita più direttamente alla sacramentalità del diaconato sicuramente rimane LG 29a, dove si dice che “sostenuti dalla grazia sacramentale” i diaconi esercitano la diaconia della Parola, della Liturgia e della Carità, e a tale affermazione può aggiungersi AG 16f, dove si auspica la restaurazione “dell’ordine diaconale come stato permanente” poiché “è bene che uomini che già esercitano un ministero veramente diaconale … siano conformati e stabilizzati per mezzo della imposizione delle mani … per poter esplicitare più fruttuosamente il loro ministero con l’aiuto della grazia sacramentale del diaconato”.
Le motivazioni che mi hanno spinto a scegliere la tematica sul diaconato permanente sono legate prevalentemente ad una esperienza vissuta all’interno della comunità parrocchiale in cui vivo, dov’è presente, appunto, la figura del diacono, che in vario modo collabora alla crescita della comunità.
Nel documentarmi sulla tematica, attraverso monografie e articoli di riviste inerenti, ho potuto constatare che il diaconato è un ministero prezioso per la comunità in cui opera, in quanto, per la sua stessa essenza, egli rappresenta il mediatore tra le attività prettamente di competenza del presbitero e le attività svolte dai laici, anche se non di rado in alcune realtà questa figura viene ridotta ai minimi termini e svalutata la missione intrinseca per la quale, fin dalle origini, la figura del diacono è stata istituita. Infatti, tutti i documenti di magistero, dal Vaticano II ad oggi, mettono in risalto la ricchezza ministeriale del diacono, figura ecclesiale che testimonia la missione di Cristo sulla terra, il quale “non è venuto per essere servito, ma per servire”. A tal proposito, cito una affermazione riportata in una delle pubblicazioni consultate, allorché parlando del principio della sacramentalità del ministero diaconale è scritto: «il diacono dovrà sempre richiamarsi al fatto basilare di essere “segno sacramentale” di Cristo servo, causa esemplare ed efficiente del suo ministero, e prima ancora del suo “essere” nella chiesa, perché la chiesa possa godere pienamente di questo “dono dello Spirito”».¹

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¹ Serafino Zardoni, I diaconi nella Chiesa. Ricerca storica e teologica sul diaconato, Edizioni Dehoniane, Bologna 1991, 86.

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