Riflessioni da: I fratelli Karamazov di Fëdor Michajlovič Dostoevskij
Istituzione: FBK - ISR Corso Superiore di Scienze Religiose
(Facoltà Teologica del Triveneto)
Tipologia: Tesi di Laurea in Scienze Religiose
Anno Accademico: 2012 - 2013
Relatore: prof. Marcello Farina
Collocazione: i-14 020 0319
Consultazione: autorizzata
Pagine: 64
Oggetto di questa trattazione è la questione del male nelle opere di Dostoevskij. Ho ritenuto interessante affrontare questo tema, e in modo particolare, in quest’autore, soprattutto per la sua visione in tale questione e come l’ha presentata e affrontata nelle sue opere. Dostoevskij grazie alla sua grande tendenza all’introspezione, si è sempre posto numerosi quesiti e ha sempre riflettuto molto sull’uomo, su Dio, sul bene, sul male ecc. Proprio queste riflessioni divennero poi i punti cruciali delle sue opere. Particolarmente interessante a mio avviso è la visione del mondo che ha Dostoevskij: punto focale del suo pensiero, certamente ancorato alla fede in un Dio Creatore del mondo a propria immagine, è che il male nasca dalla libertà concessa da Dio all’uomo. L’incontro con il male causa una sorta di sdoppiamento e incide profondamente nell’essere dell’individuo, creando scissioni e influenzando i suoi rapporti con le altre persone.
Dopo aver delineato il concetto di male in Dostoevskij e l’origine del male secondo l’autore russo, il secondo capitolo approfondisce la questione del male nelle persone innocenti e in particolar modo nei bambini. In questo caso il dilemma che accomuna Dostoevskij con altri autori e pensatori, è l’esistenza di un Dio, sommamente buono e giusto, che permette il male degli innocenti. Se la possibilità di commettere il male è strettamente connessa con la libertà che Dio concede all’uomo, perché Dio permette che gli innocenti siano colpiti dalle tragedie e soffrano? Perché un Dio “onnisciente e onnipotente” non si preoccupa della sofferenza degli innocenti e di rendere chiare le sue intenzioni ai suoi stessi figli? Perché si deve soffrire in terra per avere la serenità eterna?
Nell’ultimo capitolo ho approfondito maggiormente la questione del male e Dio. Tale tema è stato posto sotto l’attenzione di diversi filosofi e autori. È innanzitutto opportuno osservare che esiste un netto contrasto tra la fede, la giustizia di Dio e l’apparenza del male. Tale contrasto secondo alcuni, è iscritto nella dimensione del mistero stesso: è certamente un mistero che Dio, per definizione buono, giusto e onnipotente, abbia creato un mondo con insito il male. Secondo alcune opinioni, il male è un’apparenza che ha in realtà una consistenza ontologica innegabile da parte della ragione. Quello che la ragione deve negare è che il male possa costituire la reale essenza del mondo, ma se Dio esiste, ed è buono e giusto, perché esiste il male? Da dove proviene? E se Dio non esiste da dove nasce il male? Secondo gli antichi autori greci la causa del male era da condurre al fatto che la materia è indipendente da Dio, quindi eterna, e non concepibile con una “creazione dal nulla”. Per alcuni la risposta risiede invece nell’imperfezione originaria di ogni creatura, imperfezione che è precedente anche al peccato originale. Dio ha creato un essere tutto sommato limitato, caratterizzato da una conoscenza parziale perciò incline all’inganno e all’errore.
La scelta del bene e l’accettazione dell’esistenza di Dio rappresentano la vita che Dio stesso ha designato per i suoi figli, che li condurrà alla vita eterna. Pur scegliendo la via indicata da Dio, il male resta comunque un elemento presente. Questo concetto si collega nuovamente con la questione della libertà: la libertà che l’uomo ha di scegliere il bene o il male, entrambi per natura insiti nell’animo umano come nella natura di Dio. Concludo, affermando che qualunque sia la visione che un essere umano ha sull’esistenza di Dio, è innanzitutto importante comportarsi correttamente nella vita terrena, non tanto per poter poi accedere al regno di Dio dopo la morte, ma perché il bene è la forza fondamentale del mondo.