L'età moderna
Introduzione
I. Dal Rinascimento all’episcopato clesiano (1493-1539)
Nel centro dell’Impero: l’area trentina e le guerre d’Italia
L’episcopato di Bernardo Cles
II. Il secolo dei Madruzzo (1539-1658)
L’ascesa di un casato: gli anni di Cristoforo Madruzzo
Un principe vescovo della Controriforma: Ludovico Madruzzo
Apogeo e tramonto: da Carlo Gaudenzio a Carlo Emanuele Madruzzo
III. Dall’anarchia istituzionale al consolidamento di nuovi equilibri (1658-1748)
Incertezze istituzionali nell’età post-madruzziana
La restaurazione del potere principesco-vescovile e i nuovi ceti dirigenti
IV. Le riforme settecentesche (1748-1796)
Un preludio riformatore: il governo di Leopoldo Ernesto Firmian
Riformismo e resistenze nel secondo Settecento
V. Cambi di regime e fine del principato vescovile (1796-1813)
Le occupazioni francesi e austriache e la secolarizzazione
Conservatori e rivoluzionari: una società divisa
VI. Dalla Restaurazione alla rivoluzione: il Trentino tra 1813 e 1848
La nuova «Provincia austriaca del Tirolo»: ritratto di un territorio
I Circoli «italiani» e la rivoluzione del 1848
Marco Bellabarba insegna Storia moderna presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento.
Serena Luzzi insegna Storia moderna presso la Facoltà di Sociologia dell’Università di Trento.
Introduzione
«Occorre, se si vuole uscire dall’artificiosità, trovare il quadro geografico proprio a ogni aspetto della vita sociale europea nelle sue diverse fasi, quadro determinato dall’interno e non dall’esterno». Questa bella citazione dello storico francese Marc Bloch aiuta a comprendere uno degli obiettivi che ci siamo posti nel tracciare la storia del territorio trentino in età moderna.
Ricostruire «un quadro geografico» dall’interno, come suggeriva Bloch, significa prima di tutto pensarlo come un laboratorio di ricerca, dentro il quale troviamo oggetti, persone, vicende, che nel corso del tempo hanno plasmato in profondità il loro spazio di appartenenza. Perché la fisionomia di un territorio e i modi con cui lo si è definito con nomi geografici – la sua identità – non sono un dato acquisito, ma l’esito di mutamenti e di costruzioni che hanno avuto luogo nei secoli.
Quando incomincia questo racconto, nei primi decenni del Cinquecento, il ‘Trentino’ non esiste ancora. Chi lo abita, chi lo descrive, anche chi lo attraversa come viaggiatore fa uso di concetti geografici e politici molto poco definiti: «terra all’Adige e fra i monti», «principato vescovile di Trento», «contea del Tirolo», Welschtirol o «Tirolo italiano». La vaghezza di queste espressioni geografiche è un carattere peculiare del territorio trentino.
Posto ai confini fra Italia e Germania, esso oscilla costantemente tra questi due mondi, partecipa della loro storia, respira gli influssi di uno o dell’altro, come se non sapesse – o non volesse – mai decidere fino in fondo in quale dei due riconoscersi.
Con molta efficacia, una bolla pontificia del 1474 definisce la diocesi tridentina come l’estrema porzione meridionale delle province che si governano secondo lo stile ‘germanico’. Agli occhi del papa di allora l’osservazione è del tutto giustificata. La diocesi, su cui regna un principe vescovo eletto dal capitolo cattedrale e non dalla curia romana, è simile alle decine di altri principati ecclesiastici sparsi entro i confini del Sacro Romano Impero della nazione germanica, mentre nella penisola, che pure ne contava qualcuno ancora a metà Quattrocento, essi sono ormai spariti per sempre. Nessun vescovo italiano può sfuggire al diritto di nomina che il pontefice si arroga; nessun vescovo italiano, soprattutto, dispone di poteri temporali e spirituali come il prelato che alloggia nel castello del Buonconsiglio.
La doppia sovranità dei vescovi trentini, che governano sui corpi e sulle anime dei loro sudditi, è un altro dei forti nessi tra l’ambiente politico trentino e quello germanico. Sino ...
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